CasaPound, Di Stefano: “A Bari provvedimenti fuori dalla realtà, fummo noi gli aggrediti”
Roma, 11 dicembre – “Le accuse dei pm contro la sezione di CasaPound Bari non trovano alcun riscontro nella realtà dei fatti e sembrano a tutti gli effetti motivate da un pregiudizio politico”. Così il segretario di CasaPound Italia, Simone Di Stefano, commenta il provvedimento del tribunale di Bari che ha disposto la chiusura della sede barese di CasaPound in seguito ai fatti del 21 settembre scorso.
“In primo luogo – spiega Di Stefano – giova ricordare che in quella giornata noi fummo gli aggrediti e non certo gli aggressori: il contatto avvenne infatti nei pressi della nostra sede, in un punto della città in cui i militanti antifascisti non avevano alcuna ragione di passare, se non quella di attaccare Cpi. Un incidente a lungo cercato dall’estrema sinistra, anche nelle settimane precedenti, e infine trovato grazie alla preponderante superiorità numerica dovuta alla manifestazione anti Salvini di quel giorno”. Per il segretario di Cpi, “le perquisizioni hanno dato tutte esito negativo, tanto che ci si è dovuti attaccare a dei manubri da palestra per tenere in piedi il teorema del ‘covo di picchiatori’. Lo stesso dicasi per la copia del Mein Kampf sbattuta a effetto sui titoli dei giornali, ma che non è stata trovata in sede, bensì nella biblioteca personale del padre (peraltro non indagato) di un nostro militante, trattandosi del resto di un testo liberamente venduto in commercio”.
Quanto all’accusa di ricostituzione del Partito fascista, Di Stefano precisa: “Si tratta di una questione già abbondantemente chiarita: CasaPound non vuole ricostituire alcunché, si presenta regolarmente alle elezioni e persegue la via democratica per far valere le proprie idee. La violenza non fa parte dei metodi politici di Cpi, che si limita a difendere la propria agibilità politica quando diventa bersaglio degli attacchi armati dell’antifascismo militante, quello sì eversivo e violento”.