Milano: azione di CasaPound Italia contro l’utero in affitto, “Pratica disumana, si intervenga per bloccarla”
Milano, 9 marzo 2016 – “Utero in affitto? No Grazie!”. È quanto si legge sui manifesti affissi da CasaPound Italia Novate all’indomani della festa della donna.
“In Italia – si legge in una nota di Cpi Novate – l’utero in affitto formalmente non è consentito, ma è ampiamente tollerato e spesso accolto con compiacenza, come dimostrano il caso Vendola e il caso di Sergio Lo Giudice, quel senatore del Pd co-firmatario della legge Cirinnà che molto prima del leader di Sel si è procurato un bambino al costo di 100mila euro”.
“A questa ipocrisia se ne aggiunge un’altra: spacciare come ‘atto d’amore’ la mercificazione dei bambini, del corpo della donna e, di fatto, della vita stessa. Basta mettere da parte le lenti deformanti dell’ideologia – prosegue la nota – per rendersi conto che dietro questa pratica non c’è affatto, come pretende di far credere qualcuno, la libera scelta di ‘donne socialmente emancipate’. C’è, invece, una pratica commerciale in cui un ricco, etero o omosessuale che sia, paga un ‘servizio’ sfruttando una donna in difficoltà”.
“Invece di tentare in tutti i modi di legalizzare l’utero in affitto attraverso la stepchild adoption a vantaggio di pochi privilegiati, la politica italiana – conclude Cpi – si preoccupi di promuovere una legge chiara contro questa pratica, a tutela non solo delle donne, ma del concetto stesso di vita umana”.
“In Italia – si legge in una nota di Cpi Novate – l’utero in affitto formalmente non è consentito, ma è ampiamente tollerato e spesso accolto con compiacenza, come dimostrano il caso Vendola e il caso di Sergio Lo Giudice, quel senatore del Pd co-firmatario della legge Cirinnà che molto prima del leader di Sel si è procurato un bambino al costo di 100mila euro”.
“A questa ipocrisia se ne aggiunge un’altra: spacciare come ‘atto d’amore’ la mercificazione dei bambini, del corpo della donna e, di fatto, della vita stessa. Basta mettere da parte le lenti deformanti dell’ideologia – prosegue la nota – per rendersi conto che dietro questa pratica non c’è affatto, come pretende di far credere qualcuno, la libera scelta di ‘donne socialmente emancipate’. C’è, invece, una pratica commerciale in cui un ricco, etero o omosessuale che sia, paga un ‘servizio’ sfruttando una donna in difficoltà”.
“Invece di tentare in tutti i modi di legalizzare l’utero in affitto attraverso la stepchild adoption a vantaggio di pochi privilegiati, la politica italiana – conclude Cpi – si preoccupi di promuovere una legge chiara contro questa pratica, a tutela non solo delle donne, ma del concetto stesso di vita umana”.