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CasaPound, niente sgombero né odio razziale. Sconfitta per Raggi e Albamonte

Roma, 10 giu – Per il momento lo sgombero di CasaPound è un po’ come la “potenza di fuoco” di Giuseppe Conte: una frottola raccontata dai 5 Stelle. Oltre il clamore mediatico creato ad arte in questi giorni sul piatto c’è ben poco: le carte ridimensionano di parecchio gli annunci di Virginia Raggi e l’impianto accusatorio del Pm “partigiano” Eugenio Albamonte. Questa mattina intorno alle 10 alcuni dirigenti di CasaPound si sono recati in Questura a Roma per ritirare il provvedimento relativo al sequestro dello stabile di via Napoleone III numero 8. Il sequestro preventivo viene disposto solo in relazione ai reati 633 e 639 bis del codice penale, ovvero quelli in riferimento al reato di occupazione. Il Gip Zsuzsa Mendola non ha riconosciuto il reato associativo finalizzato all’istigazione all’odio razziale, disconoscendo nei fatti buona parte dell’impianto accusatorio del Pm Albamonte.

Tra i 16 indagati semplici inquilini, non c’è Andrea Antonini

Tra i 16 indagati infatti figurano solo quattro dirigenti del movimento, al 2018 residenti in via Napoleone III numero 8. Tra questi per dire non figura il vicepresidente Andrea Antonini, come invece annunciato in pompa magna da giornali e tg dopo la velina fatta uscire dalla Procura di Roma. Gli altri 12 indagati sono semplici inquilini del palazzo, tra cui figurano casalinghe, anziane vedove, novantenni disabili. Quelle famiglie italiane in difficoltà che la Raggi vuole gettare in mezzo a una strada per capirci. Insomma i titoloni dei giornali e le aperture dei tg sono state buone per gli annunci fasulli della Raggi sulla “seconda liberazione di Roma” il 4 giugno e per fare un po’ di pubblicità alla Procura. Ma le notizie erano per buona parte false. Anche in merito allo sgombero del palazzo questo provvedimento produce una sola novità: quella far balzare in avanti nella lista degli sgomberi lo stabile di via Napoleone III insieme agli altri 23 interessati da procedimento giudiziario. Ma non ospitando all’interno una “associazione dedita all’istigazione dell’odio razziale” ma solo dei semplici “occupanti” non esiste alcuna priorità speciale per CasaPound. 

Il Gip sconfessa Albamonte: niente “odio razziale”

Il provvedimento a firma del Gip è composto da 9 pagine. Nelle prime sette si ricostruisce a grandi linee la storia dell’occupazione e si riconosce la persitenza del periculum in mora relativo al reato di occupazione abusiva. A “diverse conclusioni” perviene invece il Gip in merito alla richiesta del Pm Albamonte di contestazione del reato 604 bis del codice penale, quello relativo alle associazioni che tra i propri scopi hanno l’istigazione all’odio razziale. “Deve osservarsi che il materiale probatorio acquisito in atti non è sufficiente per poter affermare la sussistenza del fumus criminis“. Insomma l’impianto accusatorio del Pm in relazione all’odio razziale viene sconfessato dal Gip. Ad Albamonte viene anche fatto notare che le indagini non si possono fare sulla base degli articoli di giornale. “Dalle informative relative alle suddette vicende acquisite in atti non emergono elementi probatori sufficienti a ricostruire compiutamente i singoli episodi (…). Elementi probatori in ordine alle singole vicende non possono certamente essere tratti dagli articoli di giornale acquisiti in atti”.

L’odio razziale “non sussiste”

In definitiva stando a quanto scrive il Gip “non sussistono elementi che consentono di ricondurre la sussistenza del delitto di partecipazione ad una associazione (CasaPound, ndr) nonché di accertare se le condotte poste in essere siano espressive di ideologie o sentimenti razzisti o discriminatori, ovvero se sussista lo scopo dell’incitamento alla discriminazione”. A questo punto tutti i media che per giorni hanno titolato su “CasaPound associazione per delinquere finalizzata all’odio razziale” dovrebbero correggere il tiro, perché le informazioni trapelate dalla Procura (e rilanciate a gran voce dalla Raggi) erano sbagliate. La verità è un’altra: l’Anpi ha denunciato CasaPound, l’esponente di Magistratura Democratica Eugenio Albamonte, sulla base di quella denuncia, ha provato a mettere in piedi un’indagine per dimostrare che CasaPound è un’associazione a delinquere finalizzata all’odio razziale e non ci è riuscito. Perché il suo impianto accusatorio si basa su alcuni articoli di giornale e sulla volontà di trasformare alcune legittime manifestazioni contro i centri di accoglienza, o in sostegno di famiglie italiane discriminate nelle graduatorie per la casa popolare, in atti discriminatori. Perpetrati non da un movimento politico legalmente riconosciuto, ma da una associazione a delinquere.

Una sconfitta per Raggi e Albamonte

Virginia Raggi ed Eugenio Albamonte incassano quantomeno una sconfitta temporanea. Per arrivare allo sgombero di CasaPound alla “sindaca” serve un’ulteriore forzatura politica: senza quella continua a fare testo l’elenco del Comitato per l’ordine e la sicurezza. Per arrivare allo scioglimento di CasaPound al compagno magistrato serve quantomeno mettere in piedi un’altra indagine. Ma che questa volta sia basata “su elementi probatori”, non su articoli di giornale ed esposti dell’Anpi.

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